martedì 12 marzo 2013

Hunahpú e Ixbalanqué contro Cabracán

 Dei tre esseri superbi e boriosi restava solo l'ultimo figlio di Vucub-Caquix: Cabracán. Il figlio minore di Vucub-Caquix aveva il potere di scuotere le montagne, provocando violente scosse di terremoto.
 - Faccio tremare le montagne! - si vantava Cabracán.

 Tutto questo non piaceva alle divinità celesti, men che meno al Cuore del Cielo Huracán; quell'arrogante di Cabracán doveva assolutamente essere eliminato. Così gli dèi decisero di rivolgersi a Hunahpú e Ixbalanqué per attuare il loro proposito.
 - Dovete sconfiggere il secondo figlio di Vucub-Caquix. Non è bene che se ne vada in giro esaltando la sua grandezza e la sua forza. Conducetelo dove nasce il sole. Questa è la volontà degli dèi - disse Huracán ai gemelli.

 Hunahpú e Ixbalanqué partirono per compiere gli ordini del Cuore del Cielo. Durante il cammino, trovarono Cabracán intento a scuotere le montagne. Gli bastava il minimo colpo dei suoi piedi sulla terra, che ogni monte, grande o piccolo che fosse, si apriva in due.   
 - Ehi, tu, dove sei diretto? - domandarono i gemelli.
 - Da nessuna parte. Sto distruggendo le montagne e questo è quello che voglio fare per il resto dei miei giorni -. Cabracán girò la testa verso i due fratelli e continuò - Voi piuttosto chi siete? Non vi conosco. Qual è il vostro nome? -
 - Non abbiamo un nome, siamo solo degli umili tiratori di cerbottana. Siamo poveri e vaghiamo per i monti in cerca di uccelli da cacciare con le nostre armi. Durante le nostre peregrinazioni abbiamo notato una montagna altissima, che sovrasta tutte le altre. Ma non siamo riusciti a catturare nemmeno un uccello su quella montagna - dissero astutamente i due gemelli.
 Cabracán, infatti, a sentir parlare di una vetta tanto alta, si incuriosì subito.
 - Dove avete detto che si trova questa montagna? Non vedo l'ora di raderla al suolo! - esclamò impaziente il figlio minore di Vucub-Caquix.  
 - La puoi vedere là, dove sorge il sole - dissero Hunahpú e Ixbalanqué.
 Cabracán non stava più nella pelle e si fece accompagnare dai due gemelli, affiché gli mostrassero il cammino. 
 Hunahpú e Ixbalanqué, però, esigerono che Cabracán camminasse in mezzo a loro, di modo che potessero abbattere gli uccelli. 
 Lungo il percorso, i due gemelli catturavano gli uccelli con le loro cerbottane ma non sparavano dei dardi d'argilla, come facevano tutti, a loro bastava soffiare nell'arma per colpire i volatili e farli precipitare al suolo.
 Quando si fermarono a riposare lungo il tragitto, Hunahpú e Ixbalanqué fecero un falò per arrostire le prede che avevano catturato. E mentre facevano cuocere gli uccelli, ne ricoprirono uno con una polvere bianca, che doveva essere gesso.
 I gemelli mormoravano tra di loro, mentre ordivano la vendetta contro Cabracán.
 - Gli daremo l'uccello ricoperto di gesso per cena. Come la terra copre questo uccello, lui stesso sarà sepolto nella terra! -

 Mentre i fratelli arrostivano i volatili, Cabracán sentiva l'odore appetitoso che la pietanza disperdeva nell'aria. Lo scuotitore della terra ora fremeva dalla voglia di divorare gli uccelli arrostiti.
 Quando non poté più trattenere la saliva che gli colava dalla bocca, chiese ai gemelli uno dei volatili per cena. Hunahpú e Ixbalanqué gli diedero l'uccello ricoperto di gesso e Cabracán non ci mise né uno né due a ingurgitarlo.
 Dopo il pasto, i tre si diressero verso l'oriente per raggiungere la montagna. Ma più si avvicinavano, più Cabracán sentiva le gambe molli e le forze che lo abbandonavano. Tutto questo era provocato dalla polvere bianca che aveva inghiottito insieme al volatile. Quando arrivarono alla montagna, Cabracán non riusciva più a stare in piedi, e non poté distruggerla.
 Approfittando della debolezza dell'avversario, i gemelli gli legarono le braccia e le gambe, lo buttarono a terra e lo seppellirono ai piedi della montagna.


I gemelli legano e seppelliscono Cabracán


 In questo modo Cabracán venne sconfitto daH Hunahpú e Ixbalanqué, i gemelli prodigiosi.
 Questa fu la fine dei tre falsi dèi, Vucub Caquix, Zipacná e Cabracán. Il loro orgoglio fu punito con la morte e la loro natura falsa smascherata.     


Fonti:
- RECINOS, Adrián (a cura di), Popol Vuh – Las antiguas historias del Quiché, Fondo de Cultura Económica, Città del Messico, 1947

mercoledì 6 marzo 2013

Hunahpú e Ixbalanqué contro Zipacná

Un giorno Zipacná stava facendo il bagno in riva a un fiume, quando vide passare un folto gruppo di ragazzi che trascinava un albero.
 - Cosa state facendo, ragazzi? Avete bisogno di aiuto? - chiese Zipacná.
 - Abbiamo bisogno di quest'albero per costruire la trave principale della nostra casa. Ma non riusciamo a sollevarlo - risposero i ragazzi affaticati.
 Allora Zipacná offrì il proprio aiuto ai giovani: - Lo trasporterò io per voi, non preoccupatevi -. Sollevò senza sforzo il tronco sulle spalle e lo portò alla casa dei ragazzi.
 Questi erano sbalorditi dalla forza di quella creatura e gli chiesero di aiutarli a trovare un altro sostegno per la loro casa il giorno seguente. Zipacná acconsentì, ma in realtà i ragazzi gli stavano preparando un tranello; quella forza sovrumana non solo li aveva impressionati, ma anche spaventati, perché un essere tale sarebbe stato in grado di fare qualsiasi cosa.

 Così il giorno dopo i ragazzi scavarono una buca e chiesero a Zipacná di scendere sul fondo per scavare ancor più in profondità. Volevano far cadere un grande tronco in testa al figlio di Vucub-Caquix, una volta che questi fosse sceso. Zipacná si calò in fondo al buco, ma aveva intuito le intenzioni dei ragazzi. Per questo, anziché scavare verso il basso, si creò una galleria laterale per nascondersi. Quando ebbe finito chiamò a gran voce i ragazzi i quali, convinti che Zipacná avesse realmente finito di scavare in profondità, scagliarono il tronco d'albero nel buco.
 - Aspettiamo a scendere finché non udiamo il suo grido. Allora sapremo che sarà morto - decisero.
 Zipacná intanto era nel suo nascondiglio, nella galleria che si era scavato, e levò un grido per far credere ai giovani che il grosso albero l'avesse colpito.  
 Quando i ragazzi sentirono il falso urlo di dolore, saltarono di gioia. Ma per essere totalmente sicuri della morte del loro nemico, decisero di aspettare ancora, prima di scendere.
 - Aapettiamo ancora. Domani e dopodomani vedremo se verranno le formiche. Questo sarà il segno che il corpo di quel maledetto è in decomposizione -.  
 Zipacná dal suo nascondiglio udiva le parole dei giovani e escogitò la propria vendetta. Il secondo giorno, nella cavità dove egli fingeva di essere morto, arrivarono le formiche. I minuscoli insetti andavano e venivano dal cratere, portando con sé capelli e unghie di Zipacná. Ovviamente il figlio di Vucub-Caquix era vivo, si era solo tagliato i capelli e le unghie affinché le formiche portassero i suoi (falsi) resti in superficie, dove i ragazzi stavano osservando tutto.
 Quando i giovani videro le formiche, si convinsero che il loro terribile nemico fosse morto. Cosí, tutti i ragazzi urlarono e saltarono di gioia e iniziarono a festeggiare la sconfitta del loro nemico, ubriacandosi di chicha (bevanda alcolica del Guatemala ottenuta dal mais fermentato). Dopo tre giorni di festeggiamenti, i ragazzi erano tutti addormentati.
 In questo modo Zipacná poté risalire dalla voragine e utilizzare la propria forza per far precipitare la casa addosso ai ragazzi che dormivano. Non ci fu nessun superstite, tutti i giovani morirono sotto le macerie e dopo furono assunti in cielo nella costellazione delle Pleiadi.

 La morte dei giovani non passò certo inosservata agli occhi di Hunahpú e Ixbalanqué. I cuori dei gemelli erano tristi al pensiero di quelle vite acerbe che erano state spezzate da Zipacná. Per questo, i due fratelli decisero di punire severamente il figlio di Vucub-Caquix.
 Costui aveva l'abitudine di andare a caccia di pesci e granchi in riva al fiume. Consci di questa debolezza, Hunahpú e Ixbalanqué fabbricarono un granchio finto, usando foglie e pietra, e lo posero sul fondo di un burrone chiamato Meaván.
 Subito dopo, i due gemelli incontrarono Zipacná in prossimità del fiume.
 - Ehi tu, cosa cerchi? - chiesero i gemelli, fingendo di non conoscere il figlio di Vucub-Caquix.
 - Sto cercando pesci e granchi per sfamarmi, ma non ne trovo. È da ieri che non mangio, sto morendo di fame - rispose amaramente Zipacná.
 - Oh tu guarda, venendo qui abbiamo visto un granchio enorme, ma appena abbiamo provato ad acchiapparlo ci ha morso. Non torneremmo a prenderlo per nulla al mondo! - esclamarono i due fratelli.
 L'affermazione di Hanahpú e Ixbalanqué ottenne subito l'effetto desiderato, suscitando la curiosità di Zipacná.
 - Dove l'avete visto? Mostratemelo, vi prego - implorò il figlio di Vucub-Caquix.
Ci volle un po' per convincere i gemelli ad accompagnarlo al burrone dove stava il granchio, perché Hunahpú e Ixbalanqué finsero di aver paura che la creatura potesse far loro del male un'altra volta. Alla fine però i gemelli acconsentirono, a una condizione: - Va bene, ma non verremo con te fino in fondo al burrone, non volgiamo essere morsi di nuovo. Quando lo vedrai, andrai tu solo a prenderlo -.   
 I tre si incamminarono e molto preso arrivarono al burrone. Come concordato, i gemelli si fermarono all'entrata del dirupo e Zipacná, appena vide il granchio, si catapultó giù per il burrone per tentare di prenderlo.
 Ma appena Zipacná entrò nella voragine, si sentì un rombo spaventoso e la montagna crollò sopra di lui. Il figlio di vucub-Caquix non riuscì mai a uscire da quella trappola mortale e si trasformò in pietra.
 In questo modo Zipacná venne sconfitto da Hunahpú e Ixbalanqué, che vollero vendicare la morte dei giovani ragazzi e punire l'orgoglio del primogenito di Vucub-Caquix.

Hunahpú e Ixbalanqué sconfiggono Zipacná


 A questo punto, rimaneva solo l'ultimo dei figli del pappagallo arrogante: Cabracán.


- Continua -

 Fonti: 
- RECINOS, Adrián (a cura di), Popol Vuh – Las antiguas historias del Quiché, Fondo de Cultura Económica, Città del Messico, 1947.