venerdì 3 gennaio 2014

"Il cavaliere senza morte" di Davide Van de Sfroos

De tera n'ho traversàda, de acqua n'ho cognussüda,
de veent n'ho inscè purtaa in di me sacöcc...
se sun sbassàa come un ramm de sàles, se sun smagiaa come un trunch de plàten
ma sun staa anca bel drizz cumè un ciprèss...
quaand che m'hann dii che'l mund girava ho cuminciaa a cürrech a'dree e adèss ho giraa püsse de luu... ma l'soo che ho mea vengiüü...

Ho pruvaàa el Martèll de Thor, i sgrafignaad de la Baba Yaga e Vainamöinen el m'ha insegnaa a cantà...
e quanti omen con scià na spada ho trasfurmàa in funtàn de saangh
e pò la Morrigan la passava a netà tütt...
quand che m'hann dii che'l muund cantava stori de Achille e de Cuchulain
me n'ho cupàa püsèe de luur... ma de canzönn n'ho mai sentüu...

E alura via anima in pèna a carcà el fuund de la damigiana
senza necorgéss che ho bevüü in del Sacro Graal...
vurèvi beev per desmentegà e ho guadagnaa l'immortalità
propi la sira che vurevi pruvà a crepà...
una Valchiria da segunda man e un
druido senza giüdizi
m'hann faa sultà deent nel teemp comè un precipizi...
e sun partii per la nuova gloria e ho vedüü merci la storia
cumè un Dio in armadüra ma a pè biütt...

Forsi per noia o per vanità, sun naa in söl fuund del laagh
per ritruvà la spada de Re Artù...
ma Excalibur serviss a un cazzo, e Viviana me l'ha dii
se a manegiàla ghè lè un rembambii...
quand che m'hann dii che 'l muund pregàva, ho pregaa püsse de lüü
e adess che ho tacaa la spada al müür... effettivamente la me paar 'na cruus...

E sun partii per la tèra santa, la lama in cieel e l'infernu in tera
perchè m'han dii che l'era santa anca la guera...
culpi de spada a furma de cruus culpi de spada a mezzalöena
che in paradis a tücc ghe spècia una pultrona...
e i m'hann dii che se'n cupavi tanti, scancelavi i mè pecàà...
che l'è diverso cupà quii giüst e quii sbagliàa...

Ma me pudévi piö murì... e quindi niente aldilà...
ho saraa i öcc e ho pruvàa a specià...
ho speciaa che la finiva e sun indurmentaa
ho verdüü i öcc e ho veüü i carri armàa...



 Alzi la mano chi ha capito qualcosa di questa canzone. Senza barare, mi raccomando! ;)
Il post di oggi sarà un po' diverso rispetto agli altri, perché stavolta voglio che sia il testo della canzone a farla da protagonista. 
 Se anche a una prima lettura non avete capito granché, non preoccupatevi. Del resto, anche per me, che sono di provenienza nordica, leggere il dialetto laghée (parlato soprattutto nella provincia di Como e Lecco) non è proprio semplice. Quel poco che conosco del dialetto delle mie zone (provincia di Varese e Milano), raramente l'ho visto messo per iscritto (mea culpa!) e fatico molto meno a capirlo quando lo sento parlare, che non quando lo leggo. Per non parlare delle piccole, grandi variazioni linguistiche che intercorrono tra i dialetti lombardi, perfino tra paesi distanti anche pochi chilometri.

 Ora basta però, non voglio tediarvi oltre. 
 "Perché questa canzone?" vi starete chiedendo. Vi ho dato un aiuto evidenziando delle parole chiave per noi, appassionati di mitologia. E molto probabilmente anche Davide Bernasconi, in arte Davide Van de Sfroos, il bravo autore della canzone, deve esserlo. Per chi non lo conoscesse, Van de Sfroos è famoso proprio perché compone canzoni in dialetto laghée e ha acquisito una buona visibilità partecipando a Sanremo 2011 con "Yanez". Poco più di un mese fa ho assistito a un suo spettacolo e anche lì ho notato delle allusioni a specifiche figure mitologiche. Ora non voglio dire che la mitologia sia parte integrante dei suoi lavori, ma a volte traspare un certo attaccamento alle leggende (soprattutto nordiche) da parte di questo cantante.

 In questa canzone Van de Sfroos fa un uso particolarissimo della mitologia. Se siete riusciti a intuire qualcosa riguardo al tema, nonostante lo scoglio linguistico, avrete intuito che si parla di un cavaliere che è condannato a girovagare per il mondo per l'eternità e a rimanere immortale dopo aver accidentalmente bevuto dal Sacro Graal. 
 Ovviamente le imprese più importanti di un cavaliere sono essenzialmente belliche. Il valore di un guerriero veniva misurato in base a quanti uomini riusciva a uccidere. Il nostro protagonista della canzone ci racconta di averne passate tante e di aver posto fine a numerose vite. Per narrare le proprie avventure cita numerosi personaggi mitologici che andrò qui a introdurre brevemente.

 Il primo nome che incontriamo è quello di Thor, la divinità che nel pantheon nordico è seconda solo a Odino, suo padre. Thor è il signore del tuono che attraversa il cielo sul suo carro trainato da due caproni. Egli sa essere cordiale, ma è un terribile flagello quando la collera si impadronisce di lui: i suoi occhi sprizzano lampi e le sue possenti grida sono più forti del mare in tempesta e degli ululati del vento. La sua arma temibile è l'inseparabile martello Mjöllnir, forgiato dai nani, abilissimi orafi, col quale difende il mondo degli uomini e degli dèi dagli attacchi dei Giganti.

Thor, dio del fulmine
 
 Subito dopo si parla della Baba Yaga, che avevo traslitterato in "Baba Jaga" nel post a lei dedicato (cfr. "Baba Jaga, la strega dell'est" in questo blog). Si tratta di un personaggio importantissimo quanto terrificante delle fiabe russe, che svolge la funzione delle nostre streghe. Baba Jaga ha infatti l'aspetto di una vecchia raggrinzita e ossuta ma dotata di un vorace appetito, tant'è che spesso tenta di mangiare i protagonisti delle fiabe dove compare. Si sposta sempre a cavallo di un mortaio (che dirige con un pestello) e il suo arrivo è annunciato dal fremito del vento e delle foglie degli alberi. Vive in una capanna dotata di due zampe di gallina, di modo che possa spostarsi agilmente da una parte all'altra della Russia. 

Baba Jaga, la strega russa

 Dopo qualche parola incontriamo Vainamöinen, protagonista del Kalevala, celebre poema che costituisce una delle fonti principali della mitologia ugro-finnica. Si tratta dell'eterno cantore, dotato di una grande saggezza e conoscitore della magia, nato da sua madre Ilmatar dopo settecento anni di gestazione. Per questo motivo,  Vainamöinen nasce già vecchio, all'epoca dell'origine del mondo. Per anni il cantore resta in balia del mare, ma alla fine riesce a raggiungere la terra ferma e a salutare il sole e la luna. È grazie a lui che Sampsa Pellervoinen semina la terra per coprirla di vegetazione e recita l'incantesimo per far spuntare l'orzo. Inoltre, Vainamöinen fa crescere una quercia talmente alta e florida da coprire interamente il cielo, che sarà abbattuta poi da un eroe con il benestare del cantore (vedi "Alle radici dell'albero cosmico - L'albero come asse del mondo nella tradizione europea" in questo blog).

Vainamöinen, l'eterno cantore

 Restando sempre nella zone nordica europea, Van de Sfroos cita la Morrigan, una delle dee della guerra della mitologia celtica irlandese. Tutte le dee della guerra rivestono in Irlanda anche un ruolo di rilievo nella sfera sessuale, che le ricollega simbolicamente anche alla sfera dell fertilità. Morrigan è amante di Daghda, divinità appartenente ai potenti Tuatha de Danann, il capo della tribù. In questo caso, l'unione della Morrigan con Daghda rappresenta l'unione della dea della fertilità con l'intera comunità. La Morrigan, come le altre divinità guerriere (Macha, Nemhain e Badbh) è anche in grado di trasformarsi e di apparire sotto  forma di animali (specialmente di corvo, che sorvola i cadaveri nelle battaglie) o di altri esseri umani.

La Morrigan, dea della guerra

 Veniamo ora a una figura che ci è molto più familiare delle altre, dato che appartiene alla nostra tradizione mitologica. Tutti infatti conosciamo Achille, l'eroe acheo più valoroso tra i partecipanti alla guerra di Troia. Figlio della nereide Teti e del mortale Peleo, Achille è per metà dio e possiede una forza straordinaria e un'invulnerabilità quasi totale. La madre Teti, infatti, lo immerse nelle acque del fiume infernale Stige perché divenisse invincibile senza bagnarne i talloni, poiché reggeva il figlio per i piedi. Achille è dunque l'eroe guerriero per eccellenza, dall'ira letale, che cerca di ottenere l'immortalità con la gloria acquisita nella guerra di Troia.

 
Duello tra Ettore e Achille


 Ciò che Achille rappresenta per la mitologia greca è rappresentato in quella irlandese da Cù Chulainn. Molte cose accomunano Achille e il più grande eroe irlandese: 
- Cù Chulainn, come Achille, è un semidio, poiché secondo varie versioni mitologiche è figlio del dio Lug e della principessa Deichtine, figlia di Conchobar, potente re dell'Ulster; 
- possiede una forza smisurata, con la quale è in grado fin da ragazzo di disfarsi senza problemi del cane da guardia di un fabbro, Culann (da cui Cù Chulainn, chiamato in origine Sétanta, prende nome); 
- l'ira lo trasforma in una feroce macchina da guerra, simile in questo caso a un vero e proprio mostro;
- Cù Chulainn è ansioso di dimostrare il proprio valore attraverso le armi, proprio come Achille.


Il giovane Sétanta con il cane Culann
 Altre figure che sicuramente abbiamo sentito nominare sono le Valchirie, celebri protagoniste della cavalcata musicata da Wagner. Queste donne leggendarie e affascinanti erano le emissarie femminili di Odino, la divinità principale del pantheon nordico. Il loro compito era quello di scegliere, sul campo di battaglia, gli eroi più valorosi che, una volta morti, avrebbero trasportato nel Valhalla, una stanza del regno di Asgardr costruita apposta per chi perdeva la vita valorosamente. Appaiono sovente come fanciulle armate di lancia ed elmo, che cavalcano a fianco di Odino su cavalli alati.

Le Valchirie, emissarie di Odino

 Infine, facciamo un tuffo nel Medioevo con le numerose citazioni del ciclo arturiano dei cavalieri di re Artù. Il leggendario sovrano è la figura chiave dei poemi del ciclo bretone, che racconta le vicissitudini guerresche e amorose di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Uno degli episodi più famosi è sicuramente l'estrazione, da parte del giovanissimo Artù, della mitica spada Excalibur dalla roccia, arma dotata di prodigiosi poteri magici. L'altro oggetto citato nella canzone è il Sacro Graal, il calice che Cristo avrebbe utilizzato durante la sua Ultima Cena con i dodici apostoli  e che occupa un posto di rilievo nella Tavola Rotonda. Non a caso diverse fonti del ciclo arturiano narrano che fossero proprio dodici i cavalieri membri. Viviana, infine, è il nome spesso attribuito alla Dama del Lago, l'entità fatata che riconsegna Excalibur ad Artù dopo che la sua lama era stata spezzata. Il ciclo arturiano racconta anche che fu la fata a crescere Lancillotto e a far innamorare di sé il mago Merlino. L'astuta fata seppe sfruttare a suo vantaggio i sentimenti che il mago nutriva per lei, tanto che riuscì a carpire tutti i segreti magici di Merlino senza mai concedersi a lui.

La Tavola Rotonda di re Artù

 Tutte queste citazioni mitologiche non sono certo riportate come sfoggio di cultura. Possiamo osservare, infatti, ora che le conosciamo meglio, che quasi tutte le figure nominate hanno una stretta connessione con la guerra. E se continuiamo a leggere il testo della canzone, vediamo che dalla "guerra mitologica" si passa alle guerre "storiche" delle crociate, dove quella che era Excalibur sembra diventare a tratti una croce e a tratti una mezzaluna, i simboli dei due grandi contendenti del "sepolcro di Cristo". A questo punto il cavaliere è stufo, non vuole più combattere, ma non può nemmeno lasciarsi morire, poiché il potere dell'acqua del Santo Graal glielo impedisce.
 Allora il "cavaliere senza morte" decide di dormire. Il suo lungo sonno e la canzone finiscono al risveglio dell'eroe, che vede i carri armati.

  Le epoche passano, ma l'idea delle guerra è sempre presente nell'uomo, dai primordi fino all'attualità. Il nostro cavaliere è come una telecamera che riprende l'evoluzione dei vari conflitti bellici e ne scopre l'orrore attraverso le numerose esperienze che è condannato a vivere.
 Ecco che la mitologia guerresca diventa un'arma contro la guerra: ci sono talmente tanti guerrieri, tante figure assetate di sangue, che il cavaliere si stufa di combattere. La mitologia qui è usata non per esaltare la guerra, ma per risvegliare le coscienze, per suscitare un sentimento di rifiuto di tutte le atrocità commesse.
 Pochi giorni fa, in occasione della festività del primo giorno dell'anno, abbiamo celebrato anche più o meno (in)consapevolmente la giornata della Pace, che coincide con il 1° gennaio. Vorrei che questa canzone fosse di buon auspicio per il nuovo anno, che ci ricordi senza troppa retorica l'importanza della pace in tutte le parti del nostro pianeta.

Buon 2014!!!

P.S. E ora, visto che avete avuto la pazienza di leggere fino a qui, vi regalo la traduzione in italiano: 


Di terre ne ho attraversate, di acqua ne ho vista scorrere,
di vento ne ho così portato nelle mie tasche
mi sono abbassato come un ramo di salice, mi sono macchiato come un tronco di platano
ma sono stato anche bello dritto come un cipresso...
quando mi hanno detto che il mondo girava ho cominciato a rincorrerlo e adesso che ho girato più di lui... lo so che non ho vinto

Ho provato il Martello di Thor, i graffi della Baba Yaga, e Vainamoinen mi ha insegnato a cantare...
e quanti uomini armati di spada ho trasformato in fontane di sangue
e poi la Morrigan passava a pulire tutto...
quando mi hanno detto che il mondo cantava storie di Achille e Cuchulain
io ne ho uccisi più di loro... ma di canzoni non me ne hanno mai scritte...

E allora via anima in pena a cercare il fondo della damigiana
senza accorgersi che ho bevuto dal Sacro Graal...
volevo bere per dimenticare e ho guadagnato l'immortalità
proprio la sera in cui volevo provare a morire....
una Valchiria di seconda mano e un druido senza giudizio
mi hanno fatto saltare nel tempo come in un precipizio...
e son partito per la nuova gloria e ho visto marcire la storia
come un Dio in armatura ma a piedi nudi....

Forse per noia o per vanità, sono andato sul fondo del lago per ritrovare la spada di Re Artù...
ma Excalibur non serve a un cazzo, e Viviana me l'ha detto
se a maneggiarla c'è un rimbambito
quando mi hanno detto che il mondo pregava, ho pregato più di lui,
e adesso che ho appeso la spada al muro.... effettivamente mi sembra una croce.

E sono partito per la Terra Santa, la lama in cielo e l'inferno in terra,
perchè mi hanno detto che era Santa anche la guerra...
colpi di spada a forma di croce colpi di spada a mezzaluna
che in paradiso a tutti spetta una poltrona...
e mi hanno detto che se ne ammazzavo tanti, cencellavo tutti i miei peccati...
che è diverso uccidere quelli giusti o quelli sbagliati...

Ma io non potevo più morire.... e quindi niente aldilà...
ho chiuso gli occhi e ho provato ad aspettare
ho aspettato che finiva e mi sono addormentato
ho aperto gli occhi e passavano i carrarmati...




Fonti:
- Canzoni contro la guerra, testo e traduzione del "Cavaliere senza morte";
- GATTO CHANU, Tersilla (a cura di), Miti e leggende della creazione, Vol. I, Fabbri Editore, Milano, 2001;
- Bifröst, voce "Vainamöinen"; 
- Celticpedia, "La Morrigan"; 
- Il crepuscolo degli dèi, voci "Artù" e "Viviana".