sabato 18 giugno 2016

Verso il solstizio - Sole e Luna nella mitologia norrena

 Si sta avvicinando, ormai ci siamo quasi. Per molti è un momento fortemente atteso, per altri, amanti del freddo come me, rappresenta l'inizio di un patimento più o meno sopportabile. Sto parlando del solstizio d'estate, che nel nostro emisfero si verificherà tra pochi giorni. Anche se non sono fatta per il caldo dei mesi torridi che seguiranno, devo ammettere che è bello vedere che fuori alle nove di sera c'è ancora luce e che si può cenare ancora illuminati dai raggi del sole.
 Se oggi questo giorno indica che le vacanze si stanno avvicinando, un tempo la sua importanza doveva essere ancora più importante: significava la vittoria della luce sulle tenebre, maggior tempo a disposizione per lavorare nei campi e quindi la possibilità di produrre di più per patire meno la fame. Noi "italiani" (nell'accezione di "abitanti della penisola italiana") eravamo ancora fortunati rispetto alle popolazioni insediatesi nel nord Europa. Sappiamo tutti che in quelle zone il sole fa capolino molto meno spesso e che quindi doveva essere particolarmente atteso e invocato quando ancora non si poteva contare sull'energia elettrica.
 Quale occasione migliore dunque per parlare di Giorno, Notte, Sole e Luna nella tradizione norrena se non il solstizio d'estate? 

P. S. Gli appassionati sportivi, tra cui la sottoscritta, potrebbero addurre una motivazione anche meno "romantica": dopo la sconfitta della Svezia da parte dell'Italia agli Europei di calcio, è ancora più dolce parlare dell'avversario domato in seguito a 90 difficili minuti di lotta. E allora si dia inizio alle danze!

Giorno e Notte

 Sull'origine della divisione tra notte e dì ci sono due versioni. La prima, forse quella più famosa, si rifà al mito cosmogonico in cui Odino, Vili e creano il mondo a partire dallo smembramento del gigante primordiale Ymir. Il mito racconta che le tre divinità presero alcune scintille dal ragno infuocato di Muspellsheim e diedero loro un posto nel firmamento: stabilirono il corso del sole, dando nome alle varie parti del giorno (mattina, mezzogiorno, pomeriggio e sera), decisero ordine e durata delle fasi lunari e posero in cielo le stelle, regolandone il movimento.  In questo modo, dall'opera di Odino, Vili e Vé, ebbe inizio il computo del tempo.


 La seconda versione invece  fa capo a uno dei mondi governato dai giganti, Jötunheimr. Qui abitava un gigante di nome Narfi, che ebbe come figlia Nótt, dalla pelle scura e i capelli corvini, come la sua gente. Nótt ebbe tre mariti e da ciascuno generò un figlio: da Naglfari  ebbe Auðr, da Annarr ("secondo") Jörð ("terra") e infine, da Dellingr ("luminoso") generò Dagr ("giorno"), dall'aspetto fulgido come quello del padre. Come in molte altre cosmogonie, tra cui anche quella greca di Esiodo, anche in questo caso la notte, di cui Nótt è l'evidente ipostasi, precede dunque l'esistenza del giorno, impersonato da Dagr. Fu ancora Odino a fornire a madre e figlio due carri con rispettivi destrieri: il cavallo di Nótt si chiama Hrímfaxi ("criniera di brina") e la bava che gli bagna il morso altro non è che la rugiada che cade sulla terra durante la notte; il cavallo di Dagr è invece Skinfaxi ("criniera lucente"), che illumina la terra con lo splendore dei suoi crini.   




Sole, Luna e i loro carri

 Nel mito citato in precedenza non si parla di nessuna divinità associata agli astri, si dice solamente che furono Odino, Vili e Vé a dare ordine ai corpi celesti ai primordi.  Nell'Edda di Snorri invece si fa riferimento a un'altra leggenda, che ha per protagonisti degli esseri umani. Il nome del nostro uomo è Mundilfœri, il quale aveva due figli bellissimi, tanto che pensò di chiamare Máni il ragazzo e Sól la fanciulla, esattamente come gli astri del cielo (ricordiamo che per le popolazioni germaniche il sole è un'entità femminile e la luna è maschile).
 Ovviamente gli dèi non videro di buon occhio l'arroganza dell'uomo, che aveva osato paragonare i suoi figli a degli esseri celesti, così decisero di rapire i due giovani per metterli alla guida di due carri, preposti alla guida degli astri di cui portavano il nome. A Sól fu dunque affidato il carro del sole, trainato dai cavalli Árvakr ("[colui che] si sveglia presto") e Alsviðr ("tutto ardente"). Sotto le scapole dei destrieri vi sono dei mantici di ferro, che servono per rinfrescarli. Lo scudo Svalinn è invece posto davanti al sole per evitare che la stella infiammi e distrugga la terra con il suo potente calore. 



 D'altra parte Máni divenne il cocchiere del carro lunare, con il compito di governare il movimento e le varie fasi del satellite aiutato da due fanciulli, Bil e Hjúki, rispettivamente sorella e fratello, figli di Viðfinnr. Come Máni e Sól, anche Bil e Hjúki furono vittime di un rapimento, stavolta perpetrato presso il pozzo Byrgir dallo stesso Máni, il quale era alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarlo a dirigere le fasi lunari. Da quel momento, Hjúki è identificato con il fenomeno benefico della luna crescente, mentre Bil impersonifica la luna nella sua fase calante, ritenuta al contrario di cattivo auspicio. La vicenda di Bil e Hjúki costituirà l'ispirazione per la popolare filastrocca inglese che vede come protagonisti i due fratellini Jack e Jill, che nella traduzione italiana si chiameranno Cecco e Gina:
Jack and Jill went up the hill
to fetch a pail of water;
Jack fell down, and broke his crown,
and Jill came tumbling after.
Cecco e Gina vanno al pozzo
che sta in cima alla collina.
Cade Cecco, cade il secchio,
dietro a lor rotola Gina.
Then up Jack got, and home did trot,
as fast as he could caper.
They put him to bed, and plastered his head,
with vinegar and brown paper.
Quando a casa ritornò,
Cecco al letto si ficcò
e con un impiastro in testa
passò a letto anche la festa!



 Il percorso dei due carri, però, non è senza insidie; sia Sól che Máni sono insidiati nella loro corsa da due lupi, figli del temibile Fenrir, colui che mozzò la mano a Tyr (cfr "Tyr - La guerra e la giustizia" in questo blog): Skoll insegue Sól, Hati invece perseguita Máni. Gli inseguimenti cesseranno nel giorno del Ragnarök, quando Skoll e Hati divoreranno infine le loro prede, decretando la fine del mondo che conosciamo. Ma non tutto è perduto, perché Sól ha una figlia che le succederà nel medesimo compito dopo di lei.



Simbolismo della Luna e del Sole nella tradizione norrena

 Gli astri del cielo sono da sempre legati a una forte simbologia, molte volte condivisa da popolazioni differenti. Non ci sarà da stupirsi quindi se alcune caratteristiche che riporteremo qui relative alla tradizione norrena sono ravvisabili anche in altre aree culturali.

 Iniziamo con il dire che il nome nordico della luna, máni appunto, risale alla radice indoeuropea *MĒ, che significa "misurare". Questo perché è il corpo celeste che, con i suoi ritmi e le sue fasi scandisce la vita degli uomini, essendo collegata a fenomeni come le maree e le piogge. Essa possiede dunque una forza magica, in grado di influenzare la vita del mondo intero. Questa forza però è sempre "misurata" e controllata, centellinata nelle varie fasi che sono cicliche: la magia della luna è che nasce, cresce, decresce e muore ciclicamente, senza mai scomparire in modo definitivo.
 All'aspetto misuratore della luna fanno riferimento diversi testi della tradizione norrena, alcuni dei quali alludono anche all'impiego di un calendario lunare e anche alla curiosa invocazione dell'astro contro la rabbia, per dominare l'eccesso imponendogli un ritmo. Il famoso cronista Tacito informa inoltre che i Germani erano soliti convocare l'assemblea in relazione al ciclo della luna e Cesare afferma che il culto della luna era l'unico praticato insieme al culto del sole e del fuoco. Non bisogna infine dimenticare che il nome di "lunedì" deve la propria etimologia alla luna: il danese, lo svedese e il norvegese måndag derivano dall'antico nordico mánadagr.
 Tuttavia, la luna che rischiara le tenebre favorisce anche l'azione delle forze malvagie e demoniache, o anche semplicemente soprannaturali. Come non ricordare infatti i lupi mannari, che si rivelano nelle notti di luna piena, o le danze degli elfi, che si tengono proprio alla luce pallida della luna? Nella mitologia norrena spesso le azioni depravate sono coperte dal chiarore debole di questo corpo celeste.



 Al contrario della luna, il sole costituisce con la sua luce potente la più forte difesa contro i demoni dell'oscurità. I nani e le streghe restano pietrificati se esposti ai raggi del sole e viene fatto notare che le streghe praticano la loro magia seguendo il corso inverso del sole. Non è un caso dunque che i defunti e i demoni risiedano al Nord, punto opposto al Sud, dove invece il sole sprigiona la sua massima potenza. Sono ambasciatori della luce solare anche gli eroi e le figure mitologiche incaricate di sconfiggere le forze delle tenebre, tra le quali troviamo le Valchirie. 
 Si può quindi comprendere il motivo per cui il culto del sole era molto diffuso in Scandinavia. Esistono reperti che lo testimoniano risalenti all'età del bronzo e in seguito anche Cesare riferisce la presenza di tale culto. Esso persistette addirittura in epoca cristiana, poiché la popolazione era profondamente legata all'adorazione del disco solare; Snorri riferisce che il re Olafr il Santo dovette invitare dei contadini pagani a volgersi verso oriente per parlare della venuta di Dio nel mondo.  




 Era da tempo che non mi occupavo di mitologia, in particolare di quella nordica e ogni volta resto preda del fascino smisurato che questa sprigiona. Trovo che l'epicità e la solennità dei miti nordici sia unica, insieme a una buona dose di oscurità, dovuta al destino tragico che ci attende nel giorno del Ragnarök.
 Del resto, ogni mito riesce a compiere la stessa magia: alla fine ti convince e ci credi davvero. Ed ecco che nel cielo vedi i carri di Máni e Sól e che il solstizio non è più solo un cambio di stagione, ma la vittoria, per una volta, della luce sull'oscurità.


Fonti:
- CHIESA ISNARDI, Gianna, I miti nordici, Longanesi, Milano, IX edizione luglio 2014, pp. 55-56, 68-71.